Banksy: Guerra, Capitalismo & Libertà, oltre 150 le opere esposte.

Una delle più grandi esposizioni di opere del writer di Bristol, da collezioni private internazionali, a Roma, al Palazzo Cipolla, dal 24 maggio al 4 settembre. C’è da vantarsi.
Ideata, promossa e realizzata da Fondazione Terzo PilastroItalia e Mediterraneo e dal Presidente Emmanuele Francesco Maria Emanuele, come detta il comunicato stampa.
All’ingresso ci accolgono tutti, compresi i curatori Stefano Antonelli, Francesca Mezzano e Acoris Andipa.
Banksy, un nome senza volto, senza identità. Si aggira silenzioso di notte, o magari di giorno, e ci lascia in eredità angoli di muri addobbati, pungenti, belli.
L’esposizione si suddivide in cinque stanze, nella prima, denominata Capitalism Grand Salon, trionfa sul soffitto una citazione, che è un po’ un inno e fa così: “There are no exceptions to the rule that everyone thinks they’re an exception to the rules”, tradotto “Non ci sono eccezioni alla regola secondo cui tutti pensano di essere un’eccezione alla regola”; poi via via si passa per la War Room, la Collaboration Room, la Rat Room, la Monkey Room ed infine la Liberty Room.
Le opere esposte sono di diverso genere: Stampe, sculture e dipinti, tutte provenienti da collezioni private e nessuna di queste è stata “sradicata” dai muri, come ci tiene a sottolineare il presidente. Mi colpiscono perché stanno a dimostrare che l’artista è in grado di lavorare anche in studio oltre che in strada.
Se prima Banksy aveva la mia curiosità, ora ha la mia attenzione, ho pensato non appena gli occhi mi si posano su un’opera esposta nella Liberty Room, proprio di fronte il Gran Salone del Capitalismo. Si tratta di Forgive us our trapassing del 2010, un dipinto in spray alto due metri e mezzo in cui il colore dominante è il nero e raffigura un bambino che prega inginocchiato con alle spalle una vetrata decorata con scritte e disegni raffiguranti cuori e simboli della pace, con tonalità che vanno dal rosso al verde smeraldo. Di forte impatto visivo ed emotivo, è impressionante come l’artista riesca a trasmettere un messaggio di pace nonostante il colore predominante sia il nero. E’ infatti evidente, anche se risaputo, che Banksy non è indifferente alle tematiche della storia attuale, sporcata da agitazioni politiche e militari che affliggono diverse parti del mondo.
Banksy è salito alla ribalta mondiale come un’artista artista sarcastico, innovato e pungente, lo si nota in Love is in the air (Flower Thrower),2003 (Liberty Room) dove viene rappresentato un rivoltoso che sta per lanciare qualcosa ma al posto di un oggetto contundente ha in mano un mazzo di fiori; oppure Rude Copper del 2002 (Liberty Room) in cui raffigura un poliziotto inglese in divisa che mostra il dito medio. Ancora, nell’affascinante abbraccio tra un ragazzo e una ragazza che indossano dei caschi da palombari, in bianco e nero, con la scritta Tank in rosso (che è stata anche copertina di un album dei Blur), intitolata Think Tank del 2003 (War Room). Nell’ultima sala invece, la Collaboration Room, spicca su una parete nera un’opera che infrange in parte l’anonimato maniacale di questo artista, si tratta di Self Portrait. Esposto per la prima volta in un museo, raffigura gli occhi dell’artista dietro un paio di occhiali gialli.
Geniale e attuale, Banksy è fortemente indirizzato verso i problemi della società che riguardano l’immigrazione e l’emarginazione sociale, come ad esempio l’ultimo graffito realizzato a Londra che raffigura una ragazzina in lacrime che sembra fuoriuscire dal fumo di un candelotto lacrimogeno con alle spalle una bandiera francese. Probabilmente si tratta di Cosette, personaggio de Les miserables di Victor Hugo. Al di sotto dell’opera campeggia un codice QR che riporta al video dei raid compiuti dalla polizia il 5 gennaio a Calais.
Per concludere, il Presidente della Fondazione Terzo Pilastro ha spiegato alla stampa che la mostra non è nient’altro che il coronamento di un percorso che ha voluto lui stesso intraprendere, per dar voce alla street art, una forma d’arte immediata ed accessibile a tutti; ha poi proseguito facendo riferimento a Tor Marancia, quartiere popolare di Roma trasformato in un museo all’aperto all’insegna della Street Art e finanziato dalla sua associazione, che « l’arte non ha tempo, che l’arte segue il divenire del mondo, segue il divenire dell’evoluzione della società ».
Lo opere saranno esposte fino al 4 settembre di quest’anno e considerando che si tratta di un evento senza precedenti, dobbiamo ritenerci estremamente fortunati.

Redatto da: VINCENZO TIRITTERA