Dai primi lavori degli anni ’80 ad oggi, lo stile di Barbara Kruger, fotografa concettuale americana, non è mai cambiato, diventando segno riconoscibile del suo lavoro. La sua è una sfida che si nutre attraverso la provocazione sottile e tagliente della parola: unità comunicativa che l’artista americana utilizza come una lama, squarciando il formato immagine dei luoghi comuni creati dalle esigenze politiche ed economiche della società contemporanea.

Nata a Newark nel 1945, la statunitense Barbara Kruger rappresenta una delle figure più importanti e attive nel campo della fotografia di genere. Lo stile dell’artista è stato molto influenzato dal contatto con la grafica, dall’esperienza lavorativa negli ambienti editoriali e dalla vicinanza intellettuale ad artiste come Diane Arbus e Marvin Israel. L’opera di Barbara Kruger consiste principalmente in scatti fotografici in bianco e nero. La scelta espressiva dell’artista tende a far prevalere soggetti femminili, corredati da slogan dal forte contrasto cromatico. La scelta di accompagnare le fotografie con delle frasi brevi fa parte del bagaglio culturale dell’artista, che si è interessata fin dai tempi della Syracuse University al linguaggio poetico, partecipando anche a declamazioni di componimenti in versi. I lavori della Kruger esprimono tutti un messaggio deciso di contestazione sociale. Il tema più caro alla Kruger è sicuramente quello femminista, rappresentato nella maggior parte dei suoi lavori, ma le sue opere parlano anche di consumismo, di razzismo, in opposizione a tutti i rapporti di potere.

Le opere di Barbara Kruger condividono con la pubblicità anche i mezzi di trasmissione e fruizione, come la strada e i giornali, che prendono il posto dei luoghi convenzionalmente deputati alla fruizione di opere artistiche. Talvolta perfino le massime filosofiche del pensiero moderno vengono sovvertite, incontrando la necessità – mai sacrificata – di ritrarre un’epoca storica: quella contemporanea. Tra le opere più famose dell’artista troviamo Your Every Wish Is Our Command (1981), letteralmente “Ogni tuo desiderio è un nostro ordine”: lo slogan accompagna una foto raffigUrante la mano di una donna che stringe quella di un neonato, esprimendo il senso del passare del tempo e il potere che hanno sull’uomo concetti come la ricchezza, l’influenza e la provenienza etnica. Mentre il tema femminista appare in Your Body Is A Battleground (1989), originariamente concepito come poster per una manifestazione tenutasi a Washington nell’aprile del 1989 riguardo al diritto d’aborto, e adottato più generalmente in seguito come manifesto della lotta delle donne per tutti i propri diritti, e contro l’immagine stereotipata della figura femminile, costantemente alimentata dall’advertisingpubblicitario e fondata su un’immagine eterea e perfetta della donna, alla quale tutte devono corrispondere, tematica accostabile al femminismo di Valie Export.

In All Violence Is An Illustration Of A Pathetic Stereotype (1991), l’artista esprime la sua critica alle contorte situazioni sociali del tempo, alternando immagini – come il volto di un bambino che grida o una donna nuda con una maschera a gas – a testi altrettanto forti; ancora una volta, lo scopo è di scuotere lo spettatore, nonché portarlo a trarre delle conclusioni e a riflettere davanti al contenuto dell’opera. Perfino all’interno delle realtà museali, l’opera di Kruger invade nuovi spazi: accanto alla classica esposizione in sala, l’artista ha sperimentato delle installazioni che prevedevano il riempimento di alcuni spazi architettonici non destinati all’esposizione. Barbara Kruger sfida l’universo comunicativo pubblicitario eprovoca la società parlandole attraverso un linguaggio che le è familiare. Il suo punto di vista attira l’attenzione e prende a sberle, innescando un meccanismo dove non si può far a meno di vestire i panni complicati del piccolo roditore in trappola, costretto a scegliere tra un succulento pezzo di formaggio e la sua piccola, fragile zampetta.

di Stefany Barberis