Il rapporto della coreografa tedesca, Pina Bausch, e la moda. Esempio di come le arti si influenzano a vicenda

Dance, dance … otherwise we are lost!” parole e filosofia della disciplinatissima dottrina di Pina Bausch. Personalità straordinaria della danza contemporanea nel panorama mondiale, ha diretto a partire dal 1973 il celebre Tanztheater Wuppertal, creando un nuovo modo di danzare e fare teatro attraverso l’unione di  teatro e danza, gestualità e impulso motore, grazia e negazione, eleganza e crudeltà, sublime e grottesco. Opere vibranti, piene di umanità, spettacolari e contagiose che basavano la propria cadenza su una visionarie, per la quale il corpo e la riproduzione di tutti i suoi stati erano protagonisti indiscussi.

Con una compagnia ormai celebre in tutto il mondo, Pina Bausch, scomparsa nel 2009, era capace di sferrare dure critiche alla società consumistica  affiancate a visioni intimiste e personali interpretazioni del reale, tra forza e fragilità in costante dialogo. Creatrice di un linguaggio innovativo e irripetibile, la coreografa tedesca amata da Federico Fellini (eccezionale interprete de “E la nave va) e ispiratrice di “Parla con lei di Pedro Almodovar, ha sempre avuto un rapporto molto schietto e frugale con la moda. “La moda va presa per quello che è: un momento di divertimento. Non bisogna cercare messaggi filosofici o idee profonde“, era solita ripetere. I più se la ricordano vestita di nero (“perché altrimenti ci si sporca”) o con pantaloni color carta da zucchero e scarponi da montagna. Unica eccezione, il suo amore per Yohji Yamamoto: due artisti lontanissimi e appartenenti a territori espressivi differenti, eppure intensamente affini su versanti ideali. Entrambi capaci di sconvolgere, trasgredire e imporsi come leader indiscussi attraverso un minimalismo esasperato e un forte linguaggio espressivo. Incarnazione stessa della dignità e dell’eleganza, Pina Bausch rappresentò per Yamamoto un punto di riferimento fondamentale; il lavoro come costumista per le opere del teatro danza rafforzò decisamente lo spirito teatrale già presente negli abiti dello stilista giapponese. Flussi di immagini sono quelli che la Bausch era solita portare in scena, grazie a una straordinaria  capacità onirica e a un sapiente uso dei colori che davano vita talvolta a meravigliose suggestioni, talvolta a stridenti e fastidiosi contrasti. I suoi danzatori non indossavano né indossano calzamaglie o costumi stilizzati tipiche della danza, poiché per la danzatrice gli abiti erano un modo per raccontare la vita, erano fonte di esperienza data dal reale. Ecco allora che i suoi interpreti potevano calcare il palcoscenico vestiti in modo assolutamente normale o indossando vestiti lussuosi e bellissimi. “I colori per me sono importanti – raccontava in un’intervista – estremamente importanti. Da un lato non ci si differenzia dalla vita normale, dall’altro però si mostra la grande ricchezza di forme e colori che da sempre è esistita”.

Credits :  PINA BAUSCH   YOHJI YAMAMOTO

Redatto da:  CLAUDIA PALOMBI