Paolo Roversi si definisce “un fotografo poco sofisticato che scatta immagini sofisticate” ed è considerato uno dei fotografi di moda contemporanei dotati di maggior talento e dallo stile più personale e riconoscibile.

Nato a Ravenna nel 1947, il suo amore per la fotografia ha inizio durante una vacanza di famiglia in Spagna all’età di 17 anni. Al ritorno allestisce una camera oscura in cantina e inizia a sviluppare le sue prime foto  in bianco e nero. Dopo un periodo di apprendistato con un fotografo locale nel 1970 Roversi inizia a lavorare per l’agenzia Associated Press come fotoreporter. La svolta arriva a Parigi con la collaborazione con la rivista Elle e la nascita dell’amore verso la fotografia di moda. Comincia a lavorare in modo assiduo con le riviste Marie-Claire, Harper’s Bazaar Italia e Vogue Italia, ma è come autore di diverse campagne pubblicitarie di successo, come quelle dedicate a Yohji Yamamoto, Romeo Gigli e Comme des Garçons, che raggiunge la notorietà. Definito come un “pittore di immagini“, i ritratti e i nudi femminili sono i suoi soggetti favoriti. Dagli anni 80 lavora con pellicole Polaroid di grande formato (20x25cm), che diventano il suo supporto preferito, sfruttando la loro particolarità di rendere quasi “lattiginosa” la carnagione delle modelle e di fornire un’atmosfera eterea, tra sogno e realtà e dai toni acquarellati che diventa il suo marchio di fabbrica, assieme allo stile “sfocato” e irreale, quasi fiabesco. Angeli moderni, apparizioni impalpabili, dove il chiaroscuro e il bianco/nero danno l’effetto di esseri che si fondono nel sogno e svaniscono nella luce soffusa. Talvolta la carnagione delle modelle sembra fondersi con i fondali.

Gli elementi della sua arte sono facilmente identificabili: la luce, che è stata definita dal critico e storico Gabriel Bauret come una luce “italiana”, quasi pittorica,  l’utilizzo dello sfocato e un’attenzione particolare verso il femminile, un approccio quasi spirituale verso la bellezza incarnata dai soggetti ritratti.

Le immagini di Roversi, le sue fanciulle dall’aspetto infantile ed etereo, incarnano “l’espressione più estrema della grazia e della fragilità ,un approccio mistico e non del tutto razionale, scattare delle  foto a qualcuno è avere uno scambio intenso, intimo, un tentativo di “catturare la sua anima, la sua personalità“. Roversi attribuisce questa intensità al suo utilizzo delle lunghe esposizioni (da pochi secondi fino a 30 secondi) preferendolo all’utilizzo del flash per catturare le espressioni dei suoi soggetti, tecnica che darebbe più “tempo all’anima di manifestarsi e affiorare allo scoperto”.

Credits : PAOLO ROVERSI

Redatto da:  CLAUDIA PALOMBI