I Teddy Boys non lavorano all’uncinetto è il terzo album solista di Vivian Stanshall dedicato a questa subcultura giovanile nata in Inghilterra nei primi anni ’50 che si prefiggeva di imitare lo stile in voga durante l’epoca edoardiana (Teddy diminutivo di Edoardo).

L’abbigliamento per loro è una sfida: antropologica (visto di stenti in contrasto all’eleganza sartoriale); di classe (di appartenenza proletaria ma con costumi della gente per bene); stilistica (l’eleganza non era un esclusività femminile).
Primo gruppo giovanile ad emergere creò l’idea di un mercato rivolto principalmente ai giovani. Introdussero il concetto del vestire bene sempre, creandosi un proprio stile, contrapposto al grigiore e alla mentalità dell’epoca: del dualismo vestito da lavoro/vestito della domenica.
Il vestiario consisteva principalmente di: Blazer scuri, magliette a dolce vita dal collo alto, gilet in broccato, cravattino, jeans a sigaretta usurati, spesso con gli orli ripiegati in modo tale da far vedere i calzini, i quali solitamente avevano colori vivaci. La vera eccellenza sono le scarpe: le CREEPERS. Utilizzate dall’esercito inglese nell’Africa settentrionale; trovarono ragione d’essere nei giovani Teddy Boys. Costituite da uno stivale in resistente camoscio provvisto di una suola molto rigida entrarono in commercio con molte varianti: la prima fu con una texture maculata. I capelli venivano portati lunghi e tenuti alzati sulla fronte e allo stile Pompadour e Duck’ass si aggiunse l’Elephant trunk (proboscide d’elefante): scriminati al centro e arrotolati di lato verso l’alto come involtini.
Le ragazze vestivano come gli uomini e indossavano le hobble skirts edoardiane, spille di cammeo, e capelli raccolti in lunghe trecce.
Più tardi, le teddy girl adottarono anche elementi americani come pantaloni attillati, voluminose gonne circolari e capelli raccolti a coda di cavallo. Le sedute dal parrucchiere sono un elemento stravagante che introducono nella squallida quotidianità, non è difficile trovare un ragazzo sotto il casco per la messa in piega. Il vestito rappresenta la vita con la “V” maiuscola e questa subcultura influenza altre culture giovanili e ribellioni ben oltre l’orizzonte temporale e posizione geografica.
Molti marchi adottano la sottocultura “Teddy boy” per le loro collezioni, come Paul Smith, Bottega Veneta e Dior. E ‘tutta una questione di lacci scarpe suola spessa e polsini pantaloni arrotolati, blazer a doppio petto in lana e over-gel dei capelli.
Non importa se è una sottocultura old-fashion, la tendenza non è ancora volta al termine.

Credits: CREEPERS

Redatto da : CLAUDIA PALOMBI