Lo stilista Issey Miyake impersona perfettamente l’essenza polivalente del suo Paese di nascita, il Giappone, forgiando il suo approccio al design su un equilibrio fatto di nozioni all’apparenza troppo stridenti tra loro ma che si coniugano perfettamente: tradizione e innovazione, lavorazione artigianale e tecnologia, Oriente ed Occidente.

« Un designer che ha dato un grande contributo allo sviluppo innovativo dell’abbigliamento, fondendo la cultura orientale a quella occidentale e applicando tecnologie all’avanguardia ». Con questa motivazione lo stilista e artista giapponese Issey Miyake vince nel 2006 il premio Kyōto per le arti e la filosofia, un riconoscimento che potrebbe essere paragonato, nel mondo occidentale, al premio Nobel. Tuttavia è difficile limitare la personalità di Issey Miyake in una semplice definizione: la sua visione artistica (è anche scultore) e la predisposizione all’uso delle nuove tecnologie, gli hanno permesso di realizzare, nelle sue collezioni, un connubio di origami e hi-tech, di minimalismo e lavorazioni complesse. Il brand Issey Miyake è fondato sulla filosofia del capo d’abbigliamento realizzato da un singolo pezzo di stoffa: con questa idea lo stilista intende esplorare « non solo la relazione tra il corpo e l’abito, ma anche lo spazio tra i due elementi», quindi le caratteristiche fisiche di matericità e leggerezza del vestito. Per questa ragione tutte le collezioni Issey Miyake derivano da un’accurata ricerca di lavorazioni e di materiali più all’avanguardia. Nel 1993 lo stilista lancia un brand innovativo: Pleats Please Issey Miyake (a cui nel 2005 il Centre Pompidou di Parigi dedica una parte della mostra Big Bang). La collezione introduce una tecnica di lavorazione del tessuto nuova che permette di creare abiti che non si sgualciscono e con pieghe permanenti. La tecnica di pieghettatura, che esiste dall’epoca egizia, fino a quale momento veniva eseguita piegando prima il tessuto. Ma la nuova tecnica di Issey Miyake consiste nell’utilizzare la “memoria” del tessuto, ovvero il capo è prima tagliato e cucito, poi piegato, così le pieghe possono andare in direzioni diverse. Issey Miyake e il suo team cominciano a sperimentare questa tecnica fin dal 1988 e i primi capi vengono presentati già nella collezione estiva del 1989. Dopo un’accurata ridefinizione della tecnica di plissettatura, nel 1993 la Pleats Please Issey Miyake fa il suo debutto con una collezione che combina eleganza, comfort e praticità: gli abiti, infatti, sono ideali per viaggiare, non si sgualciscono quando si piegano e non hanno bisogno di essere stirati. Nel febbraio 2000 c’è un’altra novità: viene lanciato il brand A-Poc, acronimo per A Piece of Cloth, che si riferisce a una tecnologia computerizzata che realizza gli abiti da un singolo rullo di tessuto. Dal 2003 in poi il metodo A-Poc verrà applicato ad alcune collezioni sia del brand Issey Miyake che a Pleats Please. Segue nel 2000 la nascita del brand Me e poi di quello HaaT sotto la direzione creativa di Makiko Minagawa. Nel 2010 viene presentato il progetto 132 5. Issey Miyake, ideato dal gruppo di ricerca Reality Lab fondato nel 2007 nel Miyake Design Studio. Il progetto mira a realizzare abiti tridimensionali: i numeri nel brand si riferiscono al fatto che da un singolo pezzo di stoffa si arriva a un abito a tre dimensioni, che tuttavia può essere ripiegato e riportato alla bidimensionalità. Anche il brand Bao Bao Issey Miyake, lanciato nel settembre 2010, gioca molto sul concetto delle dimensioni plurime, che si comprende ancor meglio negli accessori, immaginati come origami che si aprono e si chiudono.

Credits : IESSEY MIYAKE  PLEATS PLEATS BAO BAO BAG 

Redatto da:  CLAUDIA PALOMBI