A dettare i canoni estetici nella moda del ‘700 è la corte di Francia.

I ritratti della regina Maria Antonietta sono la testimonianza dello stereotipo femminile dell’epoca: incarnato rigorosamente bianco, volto coperto da uno spesso strato di biacca, guance e bocca rosse, sopracciglia marcate e ben disegnate, fronte alta e spaziosa, acconciature molto elaborate e vistose, con aggiunta di veli, fiori, fiocchi e perfino gabbie di uccelli; le pettinature sono sempre alte e i capelli sono spesso rialzati mediante un’armatura di fili metallici. Per aumentare la loro sensualità, le donne del ‘700 giocano con finti nei, considerati attributi di bellezza e fascino. Ma l’attributo femminile per eccellenza, simbolo di seduzione e femminilità, è il vitino da vespa, che non deve superare i 40 centimetri. Secondo i canoni del tempo, una bella donna deve avere una circonferenza vita che un uomo può circondare con due mani. Ecco, allora, che vengono in aiuto busti e corsetti, usati per mantenere eretta la colonna vertebrale e conferire al busto la classica forma a 8, che esalta seno e fianchi. Se le scollature sono ampie per evidenziare il seno prosperoso, spinto in alto dal corsetto, la  parte inferiore del corpo è rigorosamente nascosta da gonne molto larghe, sorrette da ampie intelaiature con cerchi rigidi concentrici che, nella parte più bassa, possono arrivare ad una circonferenza di 5-6 metri.
Il corpetto è ricomparso tra i capi della collezione autunno-inverno 2016-17 di Prada ma associato oramai da tempo a Dita von Teese e più recentemente alle sorelle Kardashian che più volte hanno raccontato di utilizzare quelli dell’azienda Waist Gang Society.
Se nel Barocco la parola d’ordine era magnificenza, nell’epoca romantica si ha un ritorno alla naturalezza.

Nella prima metà dell’ Ottocento, tra gli artisti e alcune nobildonne, si afferma l’ideale di bellezza proposto dal romanzo gotico, che esalta le sofferenze interiori, gli slanci della passione e le lacrime. Trionfa la bellezza diafana, incarnata dalla musa romantica, pallida, sottile, con occhi grandi e febbricitanti, espressione sofferta e labbra rosse che contrastano con il biancore del volto.
Ma l’Ottocento è anche il secolo della definitiva affermazione della borghesia, che segna la nascita di nuovi modelli di vita e nuovi costumi; si afferma un nuovo ideale di bellezza femminile che coesiste con quello della musa romantica. Il prototipo della ricca signora borghese ha forme morbide, spalle rotonde e piene, schiena pesante, mani piccole e paffute, volto tranquillo e sorridente: senza nulla di mascolino, è il ritratto della femminilità e della salute. La sua bellezza risiede soprattutto nelle marcate rotondità, simbolo di benessere sociale e di maternità riuscita: la sua bellezza è un dovere, un riconoscimento del successo economico del marito.

La sensualità è rigorosamente controllata: gli abiti sono lunghi e strati di biancheria nascondono il corpo. Il busto è una corazza  che deve assicurare il vitino di vespa, anche a prezzo di dolori e svenimenti. Il trucco del viso viene abolito perché associato a prostitute ed attrici; la pelle, che per essere giovane e sana deve essere rigorosamente bianca, viene protetta dagli effetti nefasti del sole con velette e ombrellini.

La prossima settimana arriveremo finalmente al ‘900, descrivendovi gli sviluppi della moda decennio per decennio. 

Redatto da: ANASTASIA VERRELLI