Conosciamo oggi Tiziano Guardini, il fashion-designer che fonde natura e moda in abiti che trasmettono libertà e vita.

Da cosa prendi ispirazione per creare i tuoi abiti?

Dalla natura. Lavoro con elementi come l’ortensia, realmente utilizzata con un processo di cristallizzazione. Con i fiori delle pampas che sembrano piume nel mio ultimo abito. Il plissé artigianale ricorda le venature degli alberi, che danno un senso di  costrizione, ma invece poi si scopre che questo particolare della plissettatura si apre e ti permette libertà di movimento e allo stesso tempo ti senti protetto da questo materiale. Ci sono poi altri elementi come il rame ossidato che, essendo lavorato, esprime il bisogno di non fermarsi davanti ad un materiale semplice, ma di creare un qualcosa di nuovo, di “custumizzarlo”, di renderlo unico.

Cosa vuoi che emerga dalle tue collezioni?

Libertà.

Qual è il tuo stilista preferito? Prendi ispirazione da lui?

McQueen, perché anche io come lui ho dalla caratteristica di rendere ogni abito un pezzo unico, perché ognuno è unico.

Tre aggettivi per definire la tua moda?

Armonica, di ricerca,  in legame con la sacralità della vita che è un bene preziosissimo.

Uno dei tuoi abiti che ami di più?

Il primo, fatto di rafia e canapa, che ricorda un po’ Marie Antoinette.

Quali doti deve assolutamente avere uno stilista? Quali ti contraddistinguono in maggior modo?

La curiosità, l’ andare oltre il proprio ego, la sensibilità (essendo un lavoro artistico si deve captare cosa c’è nell’aria e trasmetterlo nell’opera). Sono anche le doti che mi contraddistinguono.

Al giorno d’oggi, secondo te, l’artigianato e i piccoli imprenditori sono svantaggiati rispetto ai grandi marchi? Se sì, quale sarebbe una buona soluzione per dar loro più spazio?

A livello economico e di visibilità sì, perché i grandi marchi hanno la possibilità e la capacità di arrivare dovunque. Il problema è arrivare all’acquirente, cosa che i grandi marchi riescono meglio, ragion per cui la soluzione sarebbe la valorizzazione dell’artigianato, della sensibilità dei piccoli imprenditori.  L’importante è che i grandi marchi facciano tutto con valore e che non sia a discapito dell’etica della vita umana. L’ artigiano fa un lavoro che la grande distribuzione non può fare e quindi bisogna anche fare la differenziazione di un prodotto.

Raccontami qualcosa della tua collezione “THREE DAYS TO BUTTERFLY”.

THREE DAYS TO BUTTERFLY” è una collezione fatta in maniera non violenta. Una ricerca durata 5 anni per far sì che il materiale venisse reperito senza uccidere i bachi da seta. Non capivo il motivo per cui si dovessero ammazzare i bachi per fare la seta e da quando frequentavo l’Accademia avevo questo cruccio. Così mi ripromisi che un giorno l’avrei trovata io una soluzione. La mia collezione racconta quindi libertà e vita. Anche se la farfalla vive solo tre giorni, è comunque vita, e come tale va rispettata.

Prossimi progetti.

Il prossimo progetto è la nuova collezione ancora in fase di preparazione.