Matthew Barney è un’artista, videomaker e regista nato a San Francisco nel 1967.

I suoi lavori sono stati sempre al centro di critiche ed elogi; hanno più volte virato verso uno stile cinematografico ma tiene salde le sue radici nella videoarte. Alla radice di ogni sua opera c’è il corpo, il suo corpo, che attraverso l’evoluzione genera cambiamenti, privazioni, espulsioni. Ogni stimolo che proviene dall’esterno, come pure e soprattutto le performance cui si sottopone, sono un percorso che permettono al corpo di modellarsi e plasmarsi per raggiungere uno stato finale ben istinto da quello di partenza.

Il suo percorso artistico ormai trentennale inizia con la composizione di performance che mettono in risalto proprio la resistenza psico fisica dell’artista. Con Drawing Restraint, che Barney realizza nei primi anni di attività, registra dei video tapes in cui si arrampica su una parete legato con delle corde elasticizzate al pavimento per realizzare dei disegni sul muro, aggiunge poi pesi e attrezzi da Body Building per rendere le performance sempre più complesse.

La sua opera più importante è Cremaster, ciclo di cinque lungometraggi, risultato di otto anni di lavoro (dal 1994 al 2002) e terminato con una grande mostra al Museo Solomon R. Guggenheim di New York che include sculture, fotografie e disegni prodotti appositamente per ogni episodio. Cremaster è la traduzione inglese di cremastere – meglio ancora – muscolo cremastere, ossia un muscolo scheletrico maschile che permette agli organi sessuali di mantenere una temperatura giusta a favore della spermatogenesi. E qui ci fermiamo. Il lavoro è pieno di allusioni anatomiche e alla posizione degli organi riproduttivi durante il processo embrionale di differenziazione sessuale; più volte durante i lungometraggi Barney torna a quei momenti in cui l’esito del processo sessuale è ancora incognito. Il lavoro ha diviso la critica in due parti, da una viene lodato come una grande opera d’arte, altri lo hanno definito insulso e noioso, ma nonostante le critiche riceve il premio Europa 2000 alla 45ª Biennale di Venezia.

E’noto anche per Drawing Restraint, progetto realizzato in parte con la sua ormai ex compagna e cantante Björk.

Nelle sue interviste dichiara di ispirarsi spesso alla letteratura, come per River of Fundament, ultima fatica (2014), ispirato al romanzo di Norman Mailer, Antiche sere. Il documentario inizia proprio con una ricostruzione della veglia funebre dello scrittore nell’Egitto dei faraoni per poi spostarsi su altri piani temporali.

Redatto da: VINCENZO TIRITTERA