Cosa ti ha portato alla scelta di un percorso artistico?

La passione per l’arte è frutto del contesto in cui sono cresciuto, mio padre è architetto e mia madre è insegnante di educazione artistica. Si tratta di una passione che poi ha trovato luogo, si è rafforzata, nella scuola, Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti per un determinato periodo.

Da cosa è nata l’unione di due metodi di operare a primo impatto differenti tra loro, come la scultura e la Mediart.

Noi abbiamo la percezione che siano diverse e che appartengano ad epoche differenti, ma in realtà quand’è che vivono? Quando vedi la Pietà di Michelangelo? Oggi! Quindi è contemporaneo, il tuo rapporto con lei è in questo momento. È più “antica”, ha una storia consolidata, ma non vuol dire che appartenga al passato. Ho sempre desiderato utilizzare determinati materiale, soprattutto quelli lavorati dai grandi maestri della tradizione, di cui sono innamorato. Molto spesso però marmo o il bronzo vengono considerati in “contrasto estetico” con quanto è presente all’interno di una Galleria, poiché generalmente si tratta di opere soft, morbide. Io ho voluto cimentarmi con il marmo, materiale che amo profondamente, declinandolo però in un linguaggio contemporaneo : video, istallazioni, musica.

Parlaci della scultura su Papa Benedetto XVI

Il lavoro inizia nel 2009 ed è ancora in fase di elaborazione. Per una serie di vicissitudini l’opera non è stata consegnata, ma esposta alla Reggia di Caserta ed alla 54° Biennale d’Arte di Venezia, per il Padiglione Italia. Dopo otto mesi di realizzazione, oggi, ho deciso di plasmarla ulteriormente : Questo lavoro continuo ha generato un legame profondo all’opera, una sorta di cordone ombelicale. La creazione continua nel rapporto artista opera, ha rappresentato indubbiamente l’aspetto più interessante. Intervenire sull’opera è intervenire su me stesso, sul mio attaccamento materiale. Quando il Papa si è “spogliato”, ho deciso di spogliarlo per parlare del corpo, dell’uomo dietro il personaggio. Così lo interpreto, togliendo quella superficie così lucida che avevo realizzato in un momento in cui mi sembrava giusto, oggi mi interessa il “dietro le quinte”, quello che c’è sotto. Il marmo restituisce bene queste sensazioni. Si tratta di un intervento che documento tramite dei video che faranno parte dell’installazione finale. Al centro sarà una scultura centrale ed attorno installazioni che permetteranno di entrare nell’opera e nel processo di decostruzione della stessa.

Incorniciando le tue opere poni lo spettatore all’interno di una dinamica di rinascita, da dove nasce questa volontà?

Tutte le opere nascono con il susseguirsi dell’altra, ognuna genera quelle suggestioni fondamentali che mi permettono di proseguire. La pietra naturale nasce dai luoghi che ho frequentato delle Alpi Apuane, della Toscana e delle cave dove ho scoperto il fiume e cosa succede al marmo. Prima avevo bisogno del marmo come oggetto della scultura, ma, raccogliendo le pietre nel fiume ho conosciuto la storia dietro un sasso, che non è lì per caso. Tutte le cose hanno una storia, ogni materiale ha una poetica di cui non si può non tenere conto. Quando vedo un sasso vedo la storia, che diventa protagonista molto più del mio intervento volto solo ad evidenziare la pietra. Il sasso si trova nel fiume, nel letto del fiume, alveo che vuol dire contenitore, in qualche modo ventre materno, ecco il perché dei feti. Le pietre che utilizzo sono degli scarti che anche il fiume ha decontestualizzato, dando loro nuova dignità naturale. Il primo oggetto di scultura è quello del fiume che ha levigato queste pietre e gli ha dato una nuova identità. Per me è un onore andare lì e cercare quel sasso, facendone un oggetto di scultura attraverso un processo non indirizzato ad elevare me stesso, ma a sottolineare la bellezza in quanto tale, generata dalla natura, dal sasso. La mia soddisfazione è nel mio rapporto nel fare l’opera, nel diventare Uno con l’opera, non sentirmi separato dalle cose, non essere solo uno spettatore della realtà ma farne parte. L’arte in questo senso e la scultura rappresentano un’opportunità per divenire in maniera pragmatica parte delle cose.

Quali sono i tuoi progetti futuri e quanto è stato importante per te e per il tuo lavoro il Premio Catel di scultura 2015

Andrò a Cosenza per The Bocs art” 2015, un’iniziativa di arte e condivisione con altri artisti, un modo per continuare a mettersi in gioco. Questa è una prima cosa, ovviamente andrò avanti con il lavoro, non è solo fare l’arte, ma vivere d’arte, tentare di dargli una funzione. Siamo compenetrati da queste vibrazioni di bellezza, di arte, che devono divenere senso nella vita di tutti i giorni.

Il premio Catel è un’esperienza recente. Invitato dall’Accademia a partecipare a questa biennale di scultura con il tema “L’essenza della forma” ho pensato di presentare un lavoro che si chiama container. Sono dei sassi di fiume che ho modificato nella superficie, aperti e svuotati all’interno. Si tratta di un lavoro per me fondamentale in quanto interattivo, nella misura in cui l’osservatore è spinto ad una riflessione sulla conoscenza che ha di un determinato materiale ed oggetto. Vedendolo aperto, riconosce che non è possibile quella situazione, però allo stesso tempo è portato a riflettere dalla relazione con il sasso in quanto oggetto vero; l’osservatore diviene così parte del processo creativo.
Aprendo un quadrino su di una superficie si dà un suggerimento del possibile contenuto, è come una porta aperta sull’astrazione: l’osservatore stesso crea, ognuno può essere il protagonista perché ognuno immagina a modo suo. Ritornando al lavoro dei container questo era un lavoro essenziale, calzante con il tema della mostra, in quanto cosa c’è di più essenziale di un sasso di fiume che io tento di evidenziare nella sua bellezza naturale con un gesto? Un gesto, un piccolo intervento che però è rilevante e rivoluzionario nella misura in cui l’osservatore è destabilizzato nella percezione dell’oggetto. La parte esterna del sasso mi interessa particolarmente, si chiama “pelle” e come la nostra pelle è soggetta al cambiamento. Inoltre, come noi sotto pelle, il marmo ha le vene, e da lì possono svilupparsi ulteriori riflessioni. La pietra naturale è sempre la protagonista. In linea con questo credo artistico svilupperò nuovi lavori partendo dal pensiero del contenitore-sasso, seppur connesso maggiormente al corpo dell’uomo, al muscolo ed alla carne. Fondamentale è la mia alimentazione, io non mangio carne, uova, pesce; questo è in relazione con il mio lavoro, mi interessa come argomento la mia carne. Di recente ho sviluppato opere fotografiche in cui utilizzo il mio corpo come oggetto della scultura, in riferimento anche a dei termini come corpo statuario, corpo scolpito. Il mio corpo con i suoi desideri, con le sue intenzioni ed in particolare come questo si coniughi con il marmo. L’oggetto vuole rispetto, grazie a lui io posso lavorare e con il senso di gratitudine mi approccio ad esso. Il mio lavoro è lo specchio di quello che sono e mi serve per vedere me stesso.

Redatto da:  CLAUDIA PALOMBI