The Floating Piers arte o trovata pubblicitaria? Chi mi conosce sa già la risposta. The Floating Piers è ARTE, arte ambientale.

Dagli anni ’70 , alcuni artisti, tra i quali Christo e Jeanne Claude, cominciarono ad apprezzate i materiali offerti dalla natura assorbendo la polemica nei confronti del Sistema dell’arte, articolato in modo da garantire la commercializzazione e la feticizzazione dell’opera. Un nuovo modo di concepirla ed interpretarla che inizia già nei primi del Novecento grazie al fautore di tutta l’arte contemporanea: Marcel Duchamp. Come diceva Pablo Picasso: “Tanta arte contemporanea è frutto dell’opera di Marcel Duchamp, cambia solo l’imballaggio.” Grazie a Lui ci si svincola dalla “dittatura dell’occhio” per rimettere l’arte al servizio della mente, invitandoti a guardare un oggetto al di là della sua funzione, semplicemente come qualcosa con una forma e un colore. Un modo di guardare la vita con occhi nuovi, tornando bambini. Questo vale per gli oggetti come per le persone, guardarle al di là delle apparenze, dei ruoli e fuori da ogni contesto. Non ha più importanza l’esecuzione tecnica dell’opera rispetto all’ideazione, ma si pone l’accento sul contesto espositivo. I progetti artistici di Christo e Jeanne Claude derivano certamente da questa concezione. Il loro metodo tocca diversi nodi problematici dell’arte, sia l’opera sia il suo autore. Nei loro lavori è difficile stabilire quale sia il prodotto artistico: se il risultato finito o il processo ideativo. Costruiscono strutture raffinate, ma effimere, sfidando le modalità consuete della produzione artistica e del guadagno che se ne ricava. L’opera rinuncia all’eternità tipica dell’arte occidentale. Per questo The Floating Piers è da considerarsi arte. Più che una Land Art, un vero happening, dove le persone entrano a far parte dell’opera stessa. L’autore e l’artista non è la singola persona, ma l’intera collettività che con il loro cammino permette il realizzarsi dell’opera che non è il collegamento da Sulzano a Montisola, non è la passerella, ma è l’intero processo esecutivo: gli organizzatori, assistenti, visitatori ed anche le spillette utilizzate per tenere la stoffa. Tutto questo è arte. Camminare a piedi nudi, sentire il lago sotto i propri piedi, la forza della natura; è un’esperienza unica e rara, irripetibile. Anche il maltempo che ne limita l’utilizzo, perché stiamo pur sempre parlando di Arte Ambientale, quindi un’arte che influenza ed è influenzata dalla natura, è la sua anima stessa che non ubbidisce alle leggi di controllo. Le sue sono strutture capaci di piegarsi con la forza del vento, che sfidano però le modalità della consueta produzione artistica evitando il circuito delle gallerie. Perché non è la presenza in un museo che ne decreta il valore. Per questo bisogna armarsi di pazienza e calma, per attendere i ritmi incontrollabili dall’essere umano, imparare a non prevedere, ad ubbidire a leggi superiori ed aspettare di godersi l’esperienza. Per rispondere alla domanda di partenza termino con un testo estrapolato dal Manifesto Dadaista,perché Derek dice sempre che bisogna sempre terminare una tesina con una citazione, dice sempre che c’è sempre qualcuno che ha detto una cosa nei migliori dei modi, perciò se non riesci a fare di meglio ruba da lui e riuscirai a fare la tua figura.
“L’opera d’arte non deve rappresentare la bellezza che è morta. Un’opera d’arte non è mai bella per decreto legge, obiettivamente, all’unanimità. La critica è inutile, non può esistere che soggettivamente, ciascuno la sua, e senza alcun carattere di universalità. Si crede forse di aver trovato una base psichica comune a tutta l’umanità? Come si può far ordine nel caos di questa informa entità infinitamente variabile: l’uomo? Parlo sempre di me perchè non voglio convincere nessuno, non ho il diritto di trascinare gli altri nella mia corrente, non costringo nessuno a seguirmi e ciascuno si fa l’arte che gli pare.”

Redatto da: CLAUDIA PALOMBI